Chi ha raggiunto la mia veneranda età ed ha passato la sua giovinezza tra i banchi della scuola pubblica, in una grande città, li avrà incontrati certamente. Io ho un ricordo nitido delle scuole medie, loro erano più grandi (qualcuno sfiorava addirittura la ventina) ed erano di solito distribuiti uno per classe per cercare di contenerne l’irrequietezza. Di solito si sfidavano tra loro ma il più delle volte per loro scuola dell’obbligo significava passare il loro tempo, tra note e sospensioni, prendendo di mira gli elementi più deboli della classe. Questi erano, e penso sono tutt’oggi, i bulli per me!
Ti salvavi da loro solo grazie all’intervento di un fratello più grande o facendo gruppo con altri ragazzini, ecco perché la scelta del bullo ricadeva quasi sempre sugli stessi soggetti: dalla ragazzina più bruttarella al grassottello con evidenti problemi di socializzazione. Un comportamento vigliacco che denotava una totale mancanza di sicurezze nello stesso bullo. Una volta che, dopo l’ennesima nota, era costretto a presentarsi a scuola con il genitore costernato, alla fine si rivelava per quello che era: il più solo di tutti.
Oggi, finalmente, si cerca di combattere questo fenomeno che, quando assume le dimensioni “di gruppo”, raggiunge la ferocia di un branco arrivando all’estrema conseguenza in taluni - per fortuna ancora sporadici - casi di suicidio. Oggi ci sono le videocamere dei telefonini a metterti di fronte alla mostruosità della cosa, proposta sui social come fosse un evento da celebrare, un qualcosa di divertente e di cui vantarsi. Noi non possiamo quindi più voltare la testa dall'altra parte e sminuir tutto come la "ragazzata" di turno, anche se molta strada deve essere percorsa a partire dall'educazione stessa degli adulti prima che dei ragazzi.
Il Giappone non è esente da tutto questo, anzi. In una società altamente competitiva, basata sulla funzionalità dell'individuo, il diverso fa ancora più paura risultando essere una anomalia da eliminare con il tacito consenso di tutti.
Manga e anime ne hanno già parlato in passato, ma oggi fa discutere l'opera scritta e disegnata da Yoshitoki Ōima (classe 1989), A Silent Voice (Koe no Katachi), che dopo dopo aver debuttato come one-shot sul numero di febbraio 2011 della rivista Bessatsu Shōnen Magazine, è giunta ad una serializzazione regolare; non senza difficoltà e una battaglia arrivata fino al tribunale. L'editore Kodansha, evidentemente a causa delle tematiche forti, non ne voleva proprio sapere di una pubblicazione continua su una delle proprie riviste, ma la mangaka, supportata anche dalla Federazione Nipponica dei Sordi, è riuscita a spuntarla. Così a partire dall'agosto del 2013, A Silent Voice ha avuto il suo giusto spazio nella prestigiosa Weekly Shōnen Magazine e arrivando anche da noi grazie a Star Comics con una pubblicazione in sette volumi terminata da pochissimo, a dicembre 2015.
Cosa tratta questo titolo che ha iniziato già dal primo volume a far parlare di sé? E' la storia di una redenzione, quella di Shoya Ishida, un ragazzino che alle elementari ha come unica preoccupazione quella di vincere la noia. Questo lo porta a un continuo gareggiare con i suoi compagni maschi, passando da arditi tuffi nel fiume a marachelle di vario tipo, senza mai farsi alcuna domanda sul futuro o sulle relazioni che ha con i suoi stessi amici.
Egli semplicemente vive alla giornata, ma tutto questo è destinato a cambiare il giorno in cui arriva nella sua classe una ragazza non udente, Shoko Nishimiya. La normale routine scolastica viene infatti rivoluzionata da questa nuova venuta che per comunicare usa un quaderno e che si porta dietro tutta una serie di problematiche inerenti la sua disabilità. La curiosità lascia velocemente il posto al fastidio e alla poca comprensione e Shoya, credendo di ergersi ad alfiere dei suoi compagni, inizia a prendere di mira la fanciulla.
Qui scatta il bullismo, attuato però da tutti e non solo dal ragazzo; ed in questo io leggo la vera grande accusa alla società giapponese di questo fumetto. Nishimiya, infatti, viene vista come un peso da tutto l'ambiente che la circonda, professori compresi, e viene velocemente isolata e derisa dall'intera classe. Ishida è semplicemente il meno furbo, quello che la fa in maniera più spudorata e alla fine diviene vittima egli stesso dei suoi compagni e dell'ipocrisia di un sistema che ha bisogno di un capro espiatorio a cui dare l'etichetta di "cattivo" per lavarsene le mani, e aggirare le proprie responsabilità. I mostri a volte non sono altro che il riflesso della realtà in cui vivono, ma tutto questo non può essere capito dall'immaturità giovanile di Ishida che, una volta andata via dalla scuola Nishimiya a causa della sua ultima nefandezza, si ritrova a sua volta vittima del branco, della rabbia e del disprezzo di quelli che una volta lui considerava amici.
Il ragazzo inizia a vivere così il suo periodo più nero, succube di quotidiane angherie e piccole crudeltà che solo i ragazzini sanno commettere con inquietante naturalità, finendo per amplificare la sua sociopatia, già latente da tempo.
Passano gli anni, Ishida arriva a varcare le porte del liceo ma le ferite sono ancora aperte; egli è una persona sola ma questo poco gli importa. E' cresciuto e sente di meritarsi tutto questo come una forma di espiazione che però non è del tutto completa. Deve ritrovare Nishimiya, non per riceverne il perdono, ma per cercare di ridarle le emozioni perse come la sua gioventù fatta di relazioni e momenti ameni. Inizia così il classico percorso catartico, che tanto piace ai giapponesi, che vede come principale protagonista Ishida, ma che ben presto viene accompagnato da personaggi vecchi e nuovi, in cerca di redenzione, come della classica illuminazione per rischiarare il buio della propria identità.
Un nutrito gruppo di personaggi, alcuni piuttosto riusciti altri meno, alla disperata ricerca di relazioni. Spiccano la piccola Yuzuru Nishimiya, sorella minore di Shoko, e il grassottello amico di liceo di Ishida, Tomohiro Nagatsuka.
Yuzuru reagisce alla diversità di sua sorella annientando la propria personalità, con il solo intento di preservarla. Scelta poco logica ma comprensibile per una bambina così piccola ma costretta a vivere un contesto familiare tanto pesante. La madre delle ragazze infatti ha scelto la strada della rigidità: la figlia disabile non va tenuta sotto una campana ma spinta in pasto alle crudeltà della vita, crudeltà che lei stessa ha vissuto essendo stata ripudiata dal marito proprio per aver partorito una bimba sorda. La figlia minore si fa carico invece dei sentimenti della sorella e la aiuta come può... a partire dalla bizzarra pratica di fotografare animali morti, cosa che poi ci sarà spiegata ed avrà una sua effettiva logica.
Un'infanzia negata quindi quella di Yazuru, che potrà sbocciare solo alla fine del percorso di redenzione di Ishida. Ex bulletto che è al centro anche della nuova vita di Nagatsuka, presenza fissa di chi vuol trovare un amico non avendolo mai avuto. Presenza che pian piano e con pazienza riesce nell'impresa di creare, senza neanche volerlo, quel gruppo di amici che lo stesso Ishida non aveva mai avuto, regalando a tutti la spensieratezza dietro la scusa di un progetto comune.
Ishida insomma, nel suo percorso ha diversi legami da dover sistemare e che prescindono dalla guarigione della sua sociopatia applicata (rappresentata nel manga da delle "x" sul volto delle persone, che pian piano scompariranno) e dalla liberazione di Nishimiya dalle sue catene psicologiche, in modo che possa quindi vivere liberamente la propria vita.
La storia inizia in maniera molto forte, prendendo il lettore, specialmente nei primi volumi. Poi va ad assestarsi, e forse anche a dilungarsi, sulle paranoie del protagonista. Un classico. Paranoie che solo un atto scellerato potranno volatilizzare definitivamente, segno che solo quando si è toccato il fondo si può davvero risalire. Si spezzano le catene e sono tutti davvero liberi di librarsi in volo verso il futuro.
Questo è "A Silent Voice", un po' AnoHana e un po' Shigatsu wa Kimi no Uso con il tema della sordità e del bullismo ma, come ho già detto, con la stessa forma di catarsi e con tante lacrime che, so già, non piaceranno ai più.
Non tutto riesce alla perfezione, tocca dirlo, almeno per i gusti occidentali.
La scelta di incentrare la visuale della storia prettamente sul protagonista maschile può essere anche comprensibile, ma ci si dilunga troppo sulle sue paranoie, almeno un volumetto in meno e il ritmo della storia di sicuro ne avrebbe giovato, a mio parere. L'autrice poi pecca non poco nella psicologia di parecchi personaggi secondari che potevano essere maggiormente approfonditi e che invece, specie in alcuni casi, sembra quasi si trovino nella storia per far numero.
La stessa Nishimiya è praticamente a due dimensioni, assolvendo la sua funzione di "musa" redentrice senza che si capisca mai cosa provi veramente. L'evento stesso, che determina poi il finale della storia, si verifica senza che ci fossero state avvisaglie di sorta, campanelli di allarme, che facessero capire il perché di un gesto che ovviamente non posso spoilerare.
Riguardo i disegni, questi sono piuttosto essenziali e, a parte certi espressioni in primo piano (tecnica utilizzata moltissimo in questo titolo per esprimere le emozioni dei personaggi), non mi hanno fatto impazzire. Sono infatti davvero curioso di constatare come risulterà sotto quest'aspetto la trasposizione animata di prossima produzione.
Star Comics sceglie epr questo manga un formato economico da 4.90 euro con sovraccoperta; un buon compromesso per diffondere adeguatamente quello che è stato uno dei titoli più attesi e discussi dell'ultima annata. Koe no Katachi è stato infatti in lizza per il 38° Premio Kodansha per i Manga, mentre ha vinto il Comic Natalie Grand Prix nel 2014 ed il Kono Manga ga Sugoi 2015 nella categoria shōnen, senza contare la nomination al Manga Taisho Award 2015.
L'edizione italiana ha però alcuni difetti: in alcuni casi mi son imbattuto in baloon dai testi troppo piccoli, nonché alcuni errori di traduzione; il più evidente proprio nel finale dove la Festa della Maggior Età (Seijin No Hi) viene confuso con la festa del diploma, rendendo poco comprensibile la dimensione temporale in cui avvengono i fatti.
Ti salvavi da loro solo grazie all’intervento di un fratello più grande o facendo gruppo con altri ragazzini, ecco perché la scelta del bullo ricadeva quasi sempre sugli stessi soggetti: dalla ragazzina più bruttarella al grassottello con evidenti problemi di socializzazione. Un comportamento vigliacco che denotava una totale mancanza di sicurezze nello stesso bullo. Una volta che, dopo l’ennesima nota, era costretto a presentarsi a scuola con il genitore costernato, alla fine si rivelava per quello che era: il più solo di tutti.
Oggi, finalmente, si cerca di combattere questo fenomeno che, quando assume le dimensioni “di gruppo”, raggiunge la ferocia di un branco arrivando all’estrema conseguenza in taluni - per fortuna ancora sporadici - casi di suicidio. Oggi ci sono le videocamere dei telefonini a metterti di fronte alla mostruosità della cosa, proposta sui social come fosse un evento da celebrare, un qualcosa di divertente e di cui vantarsi. Noi non possiamo quindi più voltare la testa dall'altra parte e sminuir tutto come la "ragazzata" di turno, anche se molta strada deve essere percorsa a partire dall'educazione stessa degli adulti prima che dei ragazzi.
Il Giappone non è esente da tutto questo, anzi. In una società altamente competitiva, basata sulla funzionalità dell'individuo, il diverso fa ancora più paura risultando essere una anomalia da eliminare con il tacito consenso di tutti.
Manga e anime ne hanno già parlato in passato, ma oggi fa discutere l'opera scritta e disegnata da Yoshitoki Ōima (classe 1989), A Silent Voice (Koe no Katachi), che dopo dopo aver debuttato come one-shot sul numero di febbraio 2011 della rivista Bessatsu Shōnen Magazine, è giunta ad una serializzazione regolare; non senza difficoltà e una battaglia arrivata fino al tribunale. L'editore Kodansha, evidentemente a causa delle tematiche forti, non ne voleva proprio sapere di una pubblicazione continua su una delle proprie riviste, ma la mangaka, supportata anche dalla Federazione Nipponica dei Sordi, è riuscita a spuntarla. Così a partire dall'agosto del 2013, A Silent Voice ha avuto il suo giusto spazio nella prestigiosa Weekly Shōnen Magazine e arrivando anche da noi grazie a Star Comics con una pubblicazione in sette volumi terminata da pochissimo, a dicembre 2015.
Cosa tratta questo titolo che ha iniziato già dal primo volume a far parlare di sé? E' la storia di una redenzione, quella di Shoya Ishida, un ragazzino che alle elementari ha come unica preoccupazione quella di vincere la noia. Questo lo porta a un continuo gareggiare con i suoi compagni maschi, passando da arditi tuffi nel fiume a marachelle di vario tipo, senza mai farsi alcuna domanda sul futuro o sulle relazioni che ha con i suoi stessi amici.
Egli semplicemente vive alla giornata, ma tutto questo è destinato a cambiare il giorno in cui arriva nella sua classe una ragazza non udente, Shoko Nishimiya. La normale routine scolastica viene infatti rivoluzionata da questa nuova venuta che per comunicare usa un quaderno e che si porta dietro tutta una serie di problematiche inerenti la sua disabilità. La curiosità lascia velocemente il posto al fastidio e alla poca comprensione e Shoya, credendo di ergersi ad alfiere dei suoi compagni, inizia a prendere di mira la fanciulla.
Qui scatta il bullismo, attuato però da tutti e non solo dal ragazzo; ed in questo io leggo la vera grande accusa alla società giapponese di questo fumetto. Nishimiya, infatti, viene vista come un peso da tutto l'ambiente che la circonda, professori compresi, e viene velocemente isolata e derisa dall'intera classe. Ishida è semplicemente il meno furbo, quello che la fa in maniera più spudorata e alla fine diviene vittima egli stesso dei suoi compagni e dell'ipocrisia di un sistema che ha bisogno di un capro espiatorio a cui dare l'etichetta di "cattivo" per lavarsene le mani, e aggirare le proprie responsabilità. I mostri a volte non sono altro che il riflesso della realtà in cui vivono, ma tutto questo non può essere capito dall'immaturità giovanile di Ishida che, una volta andata via dalla scuola Nishimiya a causa della sua ultima nefandezza, si ritrova a sua volta vittima del branco, della rabbia e del disprezzo di quelli che una volta lui considerava amici.
Il ragazzo inizia a vivere così il suo periodo più nero, succube di quotidiane angherie e piccole crudeltà che solo i ragazzini sanno commettere con inquietante naturalità, finendo per amplificare la sua sociopatia, già latente da tempo.
Passano gli anni, Ishida arriva a varcare le porte del liceo ma le ferite sono ancora aperte; egli è una persona sola ma questo poco gli importa. E' cresciuto e sente di meritarsi tutto questo come una forma di espiazione che però non è del tutto completa. Deve ritrovare Nishimiya, non per riceverne il perdono, ma per cercare di ridarle le emozioni perse come la sua gioventù fatta di relazioni e momenti ameni. Inizia così il classico percorso catartico, che tanto piace ai giapponesi, che vede come principale protagonista Ishida, ma che ben presto viene accompagnato da personaggi vecchi e nuovi, in cerca di redenzione, come della classica illuminazione per rischiarare il buio della propria identità.
Un nutrito gruppo di personaggi, alcuni piuttosto riusciti altri meno, alla disperata ricerca di relazioni. Spiccano la piccola Yuzuru Nishimiya, sorella minore di Shoko, e il grassottello amico di liceo di Ishida, Tomohiro Nagatsuka.
Yuzuru reagisce alla diversità di sua sorella annientando la propria personalità, con il solo intento di preservarla. Scelta poco logica ma comprensibile per una bambina così piccola ma costretta a vivere un contesto familiare tanto pesante. La madre delle ragazze infatti ha scelto la strada della rigidità: la figlia disabile non va tenuta sotto una campana ma spinta in pasto alle crudeltà della vita, crudeltà che lei stessa ha vissuto essendo stata ripudiata dal marito proprio per aver partorito una bimba sorda. La figlia minore si fa carico invece dei sentimenti della sorella e la aiuta come può... a partire dalla bizzarra pratica di fotografare animali morti, cosa che poi ci sarà spiegata ed avrà una sua effettiva logica.
Un'infanzia negata quindi quella di Yazuru, che potrà sbocciare solo alla fine del percorso di redenzione di Ishida. Ex bulletto che è al centro anche della nuova vita di Nagatsuka, presenza fissa di chi vuol trovare un amico non avendolo mai avuto. Presenza che pian piano e con pazienza riesce nell'impresa di creare, senza neanche volerlo, quel gruppo di amici che lo stesso Ishida non aveva mai avuto, regalando a tutti la spensieratezza dietro la scusa di un progetto comune.
Ishida insomma, nel suo percorso ha diversi legami da dover sistemare e che prescindono dalla guarigione della sua sociopatia applicata (rappresentata nel manga da delle "x" sul volto delle persone, che pian piano scompariranno) e dalla liberazione di Nishimiya dalle sue catene psicologiche, in modo che possa quindi vivere liberamente la propria vita.
La storia inizia in maniera molto forte, prendendo il lettore, specialmente nei primi volumi. Poi va ad assestarsi, e forse anche a dilungarsi, sulle paranoie del protagonista. Un classico. Paranoie che solo un atto scellerato potranno volatilizzare definitivamente, segno che solo quando si è toccato il fondo si può davvero risalire. Si spezzano le catene e sono tutti davvero liberi di librarsi in volo verso il futuro.
Questo è "A Silent Voice", un po' AnoHana e un po' Shigatsu wa Kimi no Uso con il tema della sordità e del bullismo ma, come ho già detto, con la stessa forma di catarsi e con tante lacrime che, so già, non piaceranno ai più.
Non tutto riesce alla perfezione, tocca dirlo, almeno per i gusti occidentali.
La scelta di incentrare la visuale della storia prettamente sul protagonista maschile può essere anche comprensibile, ma ci si dilunga troppo sulle sue paranoie, almeno un volumetto in meno e il ritmo della storia di sicuro ne avrebbe giovato, a mio parere. L'autrice poi pecca non poco nella psicologia di parecchi personaggi secondari che potevano essere maggiormente approfonditi e che invece, specie in alcuni casi, sembra quasi si trovino nella storia per far numero.
La stessa Nishimiya è praticamente a due dimensioni, assolvendo la sua funzione di "musa" redentrice senza che si capisca mai cosa provi veramente. L'evento stesso, che determina poi il finale della storia, si verifica senza che ci fossero state avvisaglie di sorta, campanelli di allarme, che facessero capire il perché di un gesto che ovviamente non posso spoilerare.
Riguardo i disegni, questi sono piuttosto essenziali e, a parte certi espressioni in primo piano (tecnica utilizzata moltissimo in questo titolo per esprimere le emozioni dei personaggi), non mi hanno fatto impazzire. Sono infatti davvero curioso di constatare come risulterà sotto quest'aspetto la trasposizione animata di prossima produzione.
Star Comics sceglie epr questo manga un formato economico da 4.90 euro con sovraccoperta; un buon compromesso per diffondere adeguatamente quello che è stato uno dei titoli più attesi e discussi dell'ultima annata. Koe no Katachi è stato infatti in lizza per il 38° Premio Kodansha per i Manga, mentre ha vinto il Comic Natalie Grand Prix nel 2014 ed il Kono Manga ga Sugoi 2015 nella categoria shōnen, senza contare la nomination al Manga Taisho Award 2015.
L'edizione italiana ha però alcuni difetti: in alcuni casi mi son imbattuto in baloon dai testi troppo piccoli, nonché alcuni errori di traduzione; il più evidente proprio nel finale dove la Festa della Maggior Età (Seijin No Hi) viene confuso con la festa del diploma, rendendo poco comprensibile la dimensione temporale in cui avvengono i fatti.
Che dire quindi di questo tanto discusso A Silent Voice? Sicuramente siamo di fronte a un titolo che si eleva da un certo piattume degli ultimi tempi, pur non mirando a una specifica nicchia; decisione sicuramente voluta per diffondere maggiormente il proprio messaggio. L'inizio è prorompente, ma poi la storia tende a fossilizzarsi sulle paranoie del protagonista fino allo scossone finale. Questo può piacere o meno ma, a mio avviso, non inficia il valore complessivo della storia.
Non sarà un capolavoro, ma resta uno dei migliori titoli proposti in Italia nel 2015.
Non sarà un capolavoro, ma resta uno dei migliori titoli proposti in Italia nel 2015.
Titolo | Prezzo | Casa editrice |
---|---|---|
A Silent Voice 1 | € 4.90 | Star Comics |
A Silent Voice 2 | € 4.90 | Star Comics |
A Silent Voice 3 | € 4.90 | Star Comics |
A Silent Voice 4 | € 4.90 | Star Comics |
A Silent Voice 5 | € 4.90 | Star Comics |
A Silent Voice 6 | € 4.90 | Star Comics |
A Silent Voice 7 | € 4.90 | Star Comics |
A Silent Voice Box | € 29.00 | Star Comics |
A Silent Voice Official Fan Book | € 5.90 | Star Comics |
A Silent Voice Ultimate Box | € 45.00 | Star Comics |
A Silent Voice Ultimate Box vuoto | € 5.00 | Star Comics |
Pro
- Forte messaggio contro il bullismo
- Primi 4 volumi davvero ottimi
- Fornisce spunti di riflessione sulle discriminazioni nella società giapponese
Contro
- Seconda parte non all'altezza della prima
- Poco approfondimento di alcuni personaggi
- Disegni essenziali
La seconda parte cala rispetto alla prima, questo è vero, ma personalmente non ho trovato la cosa tanto rimarchevole, è ciò che succede con tantissimi titoli del resto, è quasi la normalità. Il finale vero e proprio invece, quello si, penso lasci un pochino a desiderare, qui mi sarei aspettato davvero qualcosa di più.
I disegni è vero che non si tratta di uno stile particolarmente ricercato ma abbastanza semplice, ma definirlo un disegno essenziale secondo me è un po' eccessiva come critica. O forse do un peso diverso all'aggettivo "essenziale"
Sempre attuale purtroppo il tema del bullismo.
Personalmente, più che coi bulli, da bambino ho vissuto episodi spiacevoli con qualche delinquentello. Ma fuori dal contesto scolastico.
A scuola invece son sempre stato il tipo che stava simpatico più o meno a tutti, bulli inclusi, anche perché passavo molto tempo a fare disegni fighi sui diari di tutti.
Tendevo cmq prendere le parti dei più fragili quando capitava (ho la sindrome della crocerossina), potendo vantare un certo ascendente pure sui bulli/ripetenti.
@Nyx: "essenziale" penso inteso come "semplice".
A me personalmente cmq il disegno di questo manga piace molto nella sua semplicità.
Comunque volevo solo dire - a me Shoko non è sembrata per niente bidimensionale, anzi. Però ci tengo a specificare che io la percepisco come un personaggio complesso perchè mi identifico molto con lei, con le situazioni in cui si trova e con quello che mi sembra che provi dietro ad ogni sorriso, falso o meno. Non so se sia perchè sono io a vedere in lei qualcosa di più di quel che è - o se semplicemente per capire certe situazioni bisogna esserci passati. Purtoppo per me è stato così, e vi assicuro che il sentirsi 'bloccati' nei momenti difficili continua dopo anni (come per Shoko) e a volte fa brutti, brutti scherzi anche a chi ha cercato di andare avanti. Non è qualcosa che sparisce o si riesce a superare facilmente. Penso che Shoko possa risultare un personaggio bidimensionale più che altro perchè è lei stessa a cercare di apparire quello che non è, come Naoka le rimprovera, e perchè tutto il suo dolore/tormento lo tiene dentro. Sotto questo aspetto il suo essere sordomuta è la perfetta metafora di quello che succede, nella maggior parte dei casi, con la depressione; l'incapacità quasi totale di comunicare il proprio disagio, dolore, sentimenti in generale, e la difficoltà assurda del chiedere aiuto. La stessa imprevedibilità dell'evento citato è in linea con la depressione; non è sempre una malattia visibile, proprio perchè chi ne soffre spesso fa di tutto per 'combattere' in silenzio e da solo, fino allo scoppiare. Personalmente vedo tutto questo in Shoko... ma di nuovo, magari sono io a immedesimarmi troppo.
Lo stile di disegno lo trovo il linea con il tono della storia. Non troppo shoujo, non troppo shonen, non troppo serioso. Il giusto mix, e dettagliato (poco) quanto basta per fare apparire le emozioni nelle espressioni e 'movimenti'.
Per me i primi sei volumi sono stati una lettura difficilissima, ma lo rifarei (e lo rifarò). Nella scena in cui Yuzuru spiega il perchè delle foto ho dovuto proprio chiudere il volume e stare in silenzio per un po'... fra i titoli strappalacrime citati non è quello che mi ha fatto piangere di più, ma di sicuro è quello che ha fatto più male e portato a pensare.
A questo punto spero l'ultimo volume non mi porti a disidratazione da pianto
PS: comunque lo schifo assoluto che mi fa il maestro, nessuno mai.
Sinceramente trovo il disegno di quest'opera molto interessante, è uno stile particolare ma sono proprio questi ''particolari'' a rendere certe storie ancora più godibili.
Il mio voto è appena superiore a quello sopraindicato, un 90 pieno è molto più adeguato dal mio punto di vista.
Comunque buona la recensione.
Complimenti ad Ironic per la recensione, mi ha delucidato alcuni aspetti che giravano un po' annebbiati nella mia testa : - )
Non so com'è l'evoluzione della storia ( nel senso che ai tempi lo avevo letto in inglese fino al 6 e ho capitò metà delle cose) però devo dire che merita tantissimo di essere letto da tutti.
Avrei dato un 90 pieno, poi mi piaccio i disegni e nonostnate l'essenzialità sono be fatti e coinvolgono il lettore.
per quanto riguarda Poco approfondimento di alcuni personaggi devo dire che è una pecca piuttosto comune sia in manga che in libri in generale, l'autore ovvimante si concentra molto o a volte solo sui personaggi principali. Un peccato perchè quando leggi a 360° hai una percezione diversa dell'opera.
Comunque, un 9 pieno per me. Consigliato!
Senza offesa (e fatto salvo il gusto personale), ma definire questo tratto "essenziale" e, addirittura, considerarlo un punto debole del manga vuol dire prendere un granchio colossale. Per me è forse il primo punto di forza dell'opera, pensa te.
Sul discorso personaggi, mi ha convinto in pieno fino a che la storia era incentrata sui due personaggi ma poi si è voluto portare il tutto sul corale e li' non ci si è riuscito in pieno perdendosi un pò.
Alcuni personaggi prorio non ho capito cosa volessero e potevano essere trattati di più magari riducendo un pò l'aspetto dele paranoie del protagonista.
Il primo volume è bellissimo, estremamente ben scritto, realistico, appassionante, al punto che ingenuamente mi era bastato per definirla "un'ottima serie"... poi dal secondo va tutto in vacca in modo patetico, coi protagonisti che subiscono un'involuzione spaventosa e altri personaggi che palesemente non ci azzeccano niente introdotti soltanto per allungare la sbobba (es. la sorellina di Nishimiya, l'amico scemo e l'altra ragazza che manco mi ricordo come si chiama).
Anche il livello della narrazione scade tantissimo, con metafore(?) orrende, e sottolineo orrende come quella delle X piazzate sui volti dei compagni di classe che non gli interessano... ma dove siamo, all'asilo?
Non vedevo un tracollo verticale così netto dai tempi di 20th Century Boys (solo che lì avveniva molto dopo); i volumi dopo il primo sono talmente insopportabili da leggere che mi viene quasi il dubbio che siano stati scritti da un autore diverso.
Resta una buona idea e una discreta serie, almeno fino a due terzi: però per me non merita più di 7.
Per il resto buona recensione, è vero che nella seconda parte il ritmo cala un po', ma è un titolo davvero meritevole, da leggere assolutamente. L'edizione poi + buona e il numero basso di volumetti lo rende acquistabile da tutti
Ho trovato anch'io i disegni "essenziali", nel senso che non sono l'aspetto più importante. Sono adatti alla storia, ma non spiccano in maniera particolare (a parte il geniale espediente delle X).
Quanto ai personaggi, purtroppo era molto difficile approfondire ciò che pensa Nishimiya, visto che dovrebbe farlo in maniera solo scritta, e per quanto riguarda gli altri, ben pochi di loro si possono definire simpatici, anzi, tutt'altro, ma è bello vedere come insieme intraprendano un percorso che li porta a crescere e a diventare un gruppo, mentre per buona parte della loro vita non hanno fatto altro che mettersi le dita negli occhi per un motivo o per un altro.
No, non funziona. Funziona in manga come Caro Fratello, Edgar Allan Poe etc. dove l'autore non pretende di mostrare nessun realismo sia nelle azioni che nelle problematiche. L'eccesso del dramma in un manga che si vuole presentare come realistico rende soltanto la vicenda pomposa e tra l'altro rende ulteriormente patetiche le soluzioni adottate per risolvere i problemi dei personaggi ( nulla è meglio di un ragazzino in coma per risistemare la psiche di un'altra ragazzina ) C'è molto più sentimento e realismo in Edward Elric che si "teletrasporta" nel portale per riprendere il fratello rinunciando all'alchimia ( una cosa di poche pagine )che nelle situazioni rottambolesche ( che durano capitoli ) di questo manga.
Però la ragazzina che si veste da uomo ce l'ha messa
Lineare?Sì, ma esagerato e poco credibile. Parlare di disabilità e bullismo non era abbastanza drammatico?No e allora ficchiamoci anche la famiglia disagiata, il suicidio, l'amico in coma e ovviamente tutto mostrandolo nel modo più drammatico possibile. Certe escalation di drammacità sono credibili solo nelle soap o nelle opere teatrali ( e le opere che li ricalcano ) perchè c'è un "patto non scritto" con lo spettatore che implica che tutto debba essere portato al suo estremo. A Silent Voice si era posto come manga realistico, i problemi di lei ed il bullismo derivato, lui che cerca di avvicinarsi imparando il linguaggio dei segni ( e non con azioni spropositate ) etc. ed è proseguito con la fiera del "vediamo quanto riesco a spararla grossa".
E' sempre un dispiacere leggere certe cose, ma sì.. criticatelo pure.
Per quanto mi riguarda l'autrice non poteva fare un lavoro migliore con un tema così delicato e se non lo avete apprezzato fino alla fine, non posso che esserne contento. Questo perché apprezzarlo fino all'ultimo numero vuol dire semplicemente aver vissuto quell'esperienza in prima persona a causa di un amico/a (o addiruttura di voi stessi).. e se non lo avete fatto sono davvero contento per voi
Ora continuate pure a scannarvi sulla qualità del disegno, trama e bla bla bla..
Sì perchè effettivamente è strano discutere su un'opera che di fatto, ha dei pesanti difetti. Ed è ridicolo che imputi al fatto che i lettori non hanno passato tutto ciò che è narrato( cosa anche impossibili visto che l'autore ficca dentro tutti i drammi possibili immaginabili ) le critiche negative. Philadelphia è un film amato perchè tutti gli spettatori sono gay sieropositivi o perchè è un bel film? Tutti si sono trovati concordi nell'affermare che A silent voice fosse iniziato nel migliore dei modi e dubito che questi l'abbiano fatto perchè handicappati vittime di bullismo ma semplicemente perchè all'inizio era effettivamente un'opera narrativamente perfetta ( sul disegno si può discutere, sinceramente lo trovo adeguato ) che però si è persa nel proseguo.
Invece il tempo dedicato alle paranoie di Ishida non l'ho trovato per niente esagerato, raramente i personaggi bulli vengono caratterizzati in maniera decente, qui si passa dal bimbetto idiota al ragazzo conscio delle sue colpe e pieno di rimorsi. Personalmente l'ho trovato molto credibile come personaggio: le sue paure, le sue difficoltà e il dolore provato durante il lungo percorso di redenzione sono la parte che più ho apprezzato.
come dico spesso, bisogna provare ciò che si sente essere nelle proprie corde. Se non piacciono i drama dove prima o poi si finisce a piangere (dato anche l'argomento non allegro) meglio lasciar perdere il titolo discusso, non si cambierà idea quasi mai.
Se si è invece aperti un po' a tutto allora si e devo dire che mi sento di consigliarlo "Silent Voce" perchè cmq porta una bella ventata di novità e di coraggio che magari servirà da apripista ad altri titoli in futuro che magari non ne ripeteranno certi errori (oppure faranno un copia incolla ma voglio essere ottimista).
@riko akasaka
sicuramente il protagonista è quello maggiormente trattato come è giusto che sia, il percorso descritto è il suo e il manga è visto attraverso i suoi occhi. Avrei preferito ci fosse spazio anche per capire più gli altri visti che poi il percorso, come ho detto prima, diviene corale...è il gruppo intero che torna sui suoi passi e trascina addirittura persone estranee ai fatti passati...
mi sembrano critiche pacate senza bisogno di tirar fuori esperienze pregresse avute (o non avute) di bullismo o handicap, siamo pur sempre di fronte a un'opera di intrattenimento, anche se molto più profonda, come dice Kotaro, rispetto alla media attuale
In generale però trovo che sia una storia molto bella, Ishida mi è piaciuto tanto nei suoi sentimenti, i sensi di colpa, la ricerca dell'espiazione e tutto il resto.
I disegni mi piacciono molto, li trovo parecchio... come dire... "emotivi", i volti trasmettono bene i sentimenti dei personaggi.
Era da un po' che un manga non mi prendeva tanto a livello emotivo, quindi, per me, è stata un'ottima lettura! ^^
So che non accadrà ma...e poi? Mi piacerebbe molto una seconda serie incentrata stavolta sul pensiero di Nishimiya.
Ho trovato buoni anche i disegni, benché ancor di più mi piacciano le copertine e la scelta che è stata fatta per le stesse; questo tipo di elaborazioni, nel proporre un percorso anche extra volumetto, attraverso delle semplici illustrazioni, mi colpisce tanto :3
Certamente lo proseguirò.
La rece l'ho trovata altrettanto onesta e lineare nel presentare i vari aspetti del manga con onestà e franchezza. Grazie per averlo proposto come titolo
Peccato, un vero peccato, anche perché nemmeno i disegni mi dispiacevano: sono piacevoli e rendono i personaggi espressivi per ciò che serve!
saluti
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